(Bressanone, 17 settembre 1944)
Alpinista, Esploratore e Scrittore Italiano, di madrelingua tedesca
Ho cercato fin dal principio la libertà dentro di me. L'ho salvaguardata per tutta la vita come un guardiano il faro.
I momenti dell'infelicità sono momenti chiave della vita, gli unici momenti in cui si impara davvero qualcosa.
Io sono quel che faccio.
L'alpinismo porta con sé dei rischi, ma anche tutta la bellezza che si nasconde nell’avventura dell’affrontare l’impossibile.
E' una dimensione da animali - 4 o 5 giorni senza mangiare, le bufere eccetera - e per questo che penso all'uomo che è diventato un essere sociale per il solo fatto di essere naturalmente debole. E' questa la grande differenza con l'animale.
Il limite più grande che ho accettato è quello di essere vivo. Non ho "deciso" di essere vivo.
Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella.
Non si può mai dominare la natura, l’alpinista deve assumersi le proprie responsabilità e non dare la colpa alla montagna.
L'alpinismo non può obbedire a regole.
Quando avevo abbandonato tutto e non mi restava più niente mi sono reso conto che l'uomo ha inventato prima la lingua del cervello. Per sopravvivere. Ad ogni costo.
L'uomo da solo, non in lotta con la montagna, ma con lei impegnato in un dialogo profondo. Questo è il mio modo di vedere l'alpinismo.
Quando ero sotto le valanghe, o quando ho perso le dita dei piedi a 25 anni, ho contemplato sempre tutte le possibilità, anche in pochi secondi.
Moro raccoglie il testimone di un certo modo di scalare che non è sport, è un'altra cosa. È una filosofia, sono valori, è un pensare a tutto, non solo al risultato.
Non c'è eroismo in me. Sono un uomo che ama fare. C'è dell'egoismo, sempre. La vita di un operaio può essere eroica quanto la mia.
Quello di Moro e Urubko è un alpinismo classico, lontano sia dalle spedizioni commerciali che dalle collezioni di ottomila. Un alpinismo di esplorazione che punta all'essenziale.
Quando guardo le montagne ho i sentimenti delle montagne dentro di me: li sento, come Beethoven che sentiva i suoni nella testa quando era sordo e compose la Nona sinfonia. Le rocce, le pareti e le scalate sono un'opera d'arte.
Oggi non ho votato Berlusconi, ma rispetto il fatto che gli italiani lo hanno eletto, siamo in democrazia. E' giusto che il presidente del Consiglio lavori per il Paese con ambizione e serenità.
Di cosa ho paura? Della vita borghese dalla quale sono sempre scappato fin da piccolo quando abitavo in Val Funes e non c'era neanche un campo da calcio per giocare. Guardavo le montagne e pensavo che arrampicandomi sarei andato via dal campanilismo e dalla ristrettezza mentale della valle.
Ho cercato di dare il massimo nella mia vita e ho sempre cercato di superare i limiti.