Filosofo,
Giurista, Storico e Pensatore Politico Francese
(La Brède, 18
gennaio 1689 – Parigi, 10 febbraio 1755)
È assai
sorprendente che le ricchezze degli uomini di Chiesa si siano originate da
principi di povertà.
Giustizia ritardata
è giustizia negata.
Ho sempre
constatato che, per riuscire nel mondo, bisogna avere l'aria folle ed
essere saggi.
Le leggi inutili
indeboliscono quelle necessarie.
L'ignoranza è
la madre delle tradizioni.
Un uomo che
insegna può facilmente diventare ostinato, perché fa il mestiere di uno che non
ha mai torto.
Un uomo non è
infelice perché ha delle ambizioni, ma perché né è divorato.
La lussuria è come
l’avarizia: aumenta la propria sete con l’acquisizione del tesoro agognato.
Di solito coloro
che hanno un grande spirito l'hanno ingenuo.
Cosa strana! Il
cristianesimo che sembra teso a procurare agli uomini solo la felicità eterna,
in realtà procura loro tutta la felicità che è possibile in questo mondo.
Lodiamo gli altri
in proporzione alla stima che essi hanno per noi.
È vero che
talvolta occorre cambiare qualche legge. Ma il caso è raro; e quando
avviene, bisogna ritoccarle con mano tremante: con tanta solennità e con tante
precauzioni che il popolo debba concluderne che le leggi sono veramente sante;
e soprattutto con tanta chiarezza che nessuno possa dire di non averle capite.
La maggior parte
degli uomini sono capaci piuttosto di grandi azioni che di buone azioni.
Meno si ha da
riflettere, più si parla.
La tirannia di un
principe in un'oligarchia non è pericolosa per il bene pubblico quanto l'apatia
del cittadino in una democrazia.
L'amore
della democrazia è quello dell'uguaglianza.
Per quanto
riguarda le mode, le persone ragionevoli devono cambiare per ultime, ma non
devono farsi aspettare.
L'educazione
consiste nel darci delle idee, la buona educazione nel metterle in proporzione.
Fare l'elemosina a
un uomo nudo, per strada, non esaurisce gli obblighi dello Stato, che deve
assicurare a tutti i cittadini la sopravvivenza, il nutrimento, un vestire
dignitoso, e un modo di vivere che non contrasti con la sua salute.
Soffro della
malattia dello scrivere libri e di vergognarmi d'essi quando sono finiti.
La libertà è
il diritto di fare ciò che le leggi permettono.
Un popolo difende
sempre più i costumi delle proprie leggi.
Una costituzione
può esser tale che nessuno sia costretto a fare le cose alle quali la legge non
lo obbliga, e a non fare quello che la legge permette.
Mi considererei il
più fortunato dei mortali se riuscissi a guarire gli uomini dai loro
pregiudizi. Pregiudizio io chiamo non già il fatto di ignorare certe
cose, ma di ignorare se stessi.
Per scrivere bene
bisogna saltare le idee intermedie quanto basta per non riuscir noiosi; non
troppo, per paura di non essere capiti.
I viaggi danno una
grande apertura mentale: si esce dal cerchio dei pregiudizi del proprio Paese e
non si è disposti a farsi carico di quelli stranieri.
Il primo movente
che dovrebbe spingerci a studiare è il desiderio di accrescere l'eccellenza
della nostra natura e di rendere un essere intelligente ancor più intelligente.
Non ci si deve
stupire che la viltà dei popoli dei climi caldi li abbia resi quasi sempre
schiavi e che il coraggio dei popoli dei climi freddi li abbia mantenuti
liberi. È un effetto che deriva dalla sua causa naturale.
Un impero fondato
sulla guerra deve conservare se stesso con la guerra.
Se io dovessi
sostenere il diritto che noi abbiamo avuto di rendere i negri schiavi, ecco
cosa direi: i popoli d'Europa avendo sterminato quelli dell'America hanno
dovuto mettere in schiavitù quelli dell'Africa al fine di servirsene per
coltivare le loro terre.
Non bisogna mai
esaurire un argomento al punto che al lettore non resti più nulla da fare:
perché non si tratta di far leggere, ma di far pensare.
L’invenzione
dell’arte tipografica è stata una gran brutta trovata! La natura aveva
saggiamente disposto che le sciocchezze degli uomini fossero passeggere, ed
ecco che i libri le rendono immortali.
Lo studio è sempre
stato per me il rimedio sovrano contro il disgusto della vita, e non ho mai
provato un dolore che un'ora di lettura non sia riuscita a far svanire.
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