Cantautore, Scrittore, Regista, Sceneggiatore
(13 Marzo 1970)
Ognuno di noi ha i propri mostri, i propri fantasmi: si possono chiamare ossessioni, paure, condizionamenti, senso di inadeguatezza, aspettative e chissà in quali altri modi ancora. Sappiamo, però, che sono vivi e sono il filtro attraverso cui chiunque matura la propria, personale visione del mondo.
Nonostante le mie contraddizioni sono profondamente convinto che si dovrebbe fare bene una sola cosa. La musica per me resta un punto fermo, uno strumento di espressione bellissimo.
Nelle prime interviste, come qualsiasi rocker che vuole sboroneggiare, dicevo: non mi vedo a cinquant'anni a fare questo, adesso non solo mi ci vedo, ma guardo con attenzione gli Stones. Ci sto ancora bene sul palco a "ballare sul mondo".
A volte mi difendo, quando c'è qualcosa che mi disturba cerco di fare in modo di farlo sapere. Insomma io rispetto molto l'opinione di tutti, quando non è offesa, quando non è un insulto, e specialmente quando non è gratuita.
C'è una prima fase del successo in cui ovviamente, quando sei ancora un outsider, sei una promessa e in genere riscuoti simpatia; poi quando hai successo ed è un successo che arriva dal niente, piaci a quasi tutti. Dopo, cambia. Dopo, qualsiasi cosa io facessi, c'era sempre una parte di gente che diceva: non è più quello di una volta, oppure fa sempre la stessa roba.
Non capisco come mai ancora oggi, oltre duemila anni dopo la nascita di Cristo, in qualche modo la guerra debba essere la risoluzione, attraverso la violenza, delle controversie.
Il rock deve essere suonato al volume che serve.
A volte, lo ammetto, mi piacerebbe essere un po' più ironico. Mi capita che, per rispettare fino in fondo l'emozione che ho, non uso abbastanza ironia. Così rischio di prendermi un po' troppo sul serio, che è una delle stronzate più grosse che si possa commettere.
Mi piace pensare che ci sia la varietà necessaria per poter avere da ogni canzone una diversa chiave di lettura.
Ho verificato che il successo non è come te lo aspetti, non corrisponde alla famosa equazione successo=felicità. Ti risolve un sacco di problemi, ci sono molte cose fighe, ma non è quello che credi.
Questo Paese non è di chi lo governa, ma di chi ci abita.
Non mi sento rappresentato da una religione. Mi sento nella necessità di credere nell'esistenza di un dio, ma non ce la faccio più a riconoscermi in una religione che, l'ho detto più volte, in certi aspetti è macabra e ha tutta una scelta di rappresentazioni che sono lugubri.
Sono proprio i "limiti" della canzone a fare da garanti per la presenza dell'emozione.
Sono uno che si professa pacifista, è nella mia cultura di base. Non accetto l'idea del pacifista uguale a coglione, questa equazione vada a farsi friggere.
Credo che ci sia sempre da parte mia la tentazione di provare a raccontare, per quanto sia possibile, le emozioni. Quando è difficile farlo con le parole cerco di raccontare dei contesti in cui quell'emozione prova ad uscire da sola.