Attrice e Sceneggiatrice
(31 Luglio 1920)
Non odio l'umanità, semplicemente evito le persone che non
mi piacciono.
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Ho sempre sfruttato il mio senso
dell'umorismo, la mia ironia, la mia passione per osservare e scrivere del
mondo che mi circonda.
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A me fa ridere solo Woody Allen.
E me stessa.
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Ho sempre avuto una grande facoltà di far ridere. Anche da
piccola al tavolo da pranzo ero istintivamente pungente. Negli anni ho saputo
sfruttare il mio senso dell'ironia. E preferisco essere un'umorista piuttosto
che una piagnona.
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Per me la tristezza non esiste. È solo una
pausa per riprender fiato tra una battuta e l'altra. Serve a riordinare le
idee, come un sorso di whisky per l' alcolista o la rosa dal gambo lungo per
una signora ancien régime.
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Sono forse la più grande attrice italiana e anche una delle
meno pagate.
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Lo snobismo è imperituro. Purtroppo di veri snob ce ne sono
sempre meno. Vivono nascosti e vanno ricercati tra gli intellettuali più puri.
Una volta erano le persone moderne, ma oggi la mondanità è un ricettacolo di
volgarità, una pagliacciata.
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Cosa significa la parola triste non l'ha
scoperto nemmeno Paul Valery, il mio poeta preferito quando, tanti anni fa, mi
impadronii del suo cognome per nascondere Norsa, il mio cognome che, agli
inizi, mi regalò il flop più tragico della mia carriera, Caterina di Dio, una
tragedia scritta dal ventenne Giovanni Testori che, bontà sua, ahimé col mio
pieno consenso mi scambiò per un'attrice drammatica.
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Amo la moda e non posso fare a meno d'essere elegante.
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Da quando ha abbandonato le scene Mina rappresenta il nostro
tempo da un lato come icona, dall'altro attraverso le sue canzoni, sempre
all'avanguardia, spregiudicate e innovative. Un'artista che è una grande donna,
una donna che è una grande artista. Questa è Mina, l'idea della
donna italiana.
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Io lotto per l'ironia nella donna, che mi sembra una
conquista importante.
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Il mondo è così pieno di liberi pensatori che cambierei nome
al fenomeno.
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L'uomo che ho amato di più nella vita è un
signore che non mi ha fatto la corte ma non per colpa sua. Era nato qualche
secolo prima di me. Si chiamava Rabelais, l'autore di Gargantua e Pantagruel
che oltretutto, disdetta, era pure un frate!
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