(5 Gennaio 1951)
Il divismo è finito negli Anni Cinquanta
e nacque dopo la guerra perché c'era la fame e la gente voleva sognare un mondo
che non era la realtà. C'era un'ingenuità diversa da oggi.
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I nostri divi erano persone
semplicissime, non era come in America che per parlare con uno di loro dovevi
prima passare per agenti e segretarie. Quando volevo telefonare ad AlbertoSordi o a Peppino De Filippo componevo il loro numero telefonico e parlavo
direttamente con loro. In Italia, adesso, i divi sono quelli che fanno i
reality o i calciatori.
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Per diventare attori non basta volerlo veramente, bisogna
studiare nelle scuole di recitazione. E ricordarsi che la televisione va bene,
ma c'è sempre il cinema.
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Mio padre è un maestro, io sono un
pittore della domenica. Non è vero che lo imito anche perché il mio modello è
Alberto Sordi e come lui ho incarnato in tutti questi anni il ruolo
dell'italiano imbroglione, del palazzinaro ed ho reso simpatiche dei personaggi
tremendi mettendo in scena le loro debolezze.
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Il leader non esiste, ma esiste un clan di persone che sono
con te per fare un film o per mettere in scena uno spettacolo teatrale e quindi
tutti hanno voce in capitolo e occorre ascoltare tutti.
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Mio padre mi ha sempre insegnato un
grande rispetto per gli addetti ai lavori e per tutti quelli che lavoravano nel
cinema e mi diceva sempre: "Il nostro è un mestiere fatto
sull'acqua". Rossellini, invece, non amava gli attori e mi diceva
continuamente: "Ma perché non te ne vai a Houston a studiare, perché non
fai l'università?".
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Quello che mi dà maggiori soddisfazioni è cantare nei
musical. Lì posso esprimere tutte le nevrosi, i sentimenti e i drammi
dell'animo umano. Anch'io, quando ricevo batoste nella vita, canto... e
poi mi passa!
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Napoli è l'unica città dove le persone ti
salutano ancora con il "buongiorno" e non con un laconico
"notte" o "giorno".
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Papà è spirato tra le mie braccia il 13 novembre 1974
all'ospedale di Neuilly-sur-Seine, vicino a Parigi. Io recitavo
in teatro a Milano.
Mia madre mi ha chiamato. Ho preso il primo aereo. Sono arrivato all'ospedale,
ho visto papà. Il vestito attaccato alla stampella. Quello blu. Gessato.
Elegante. Non aveva più voce. Mi disse: "Christian, molla tutto e vieni
via con me, mi faccio un ultimo ciclo della cura, poi torniamo a Montecarlo.
Stai vicino a mamma, Christian, e soprattutto guarda che bel culo che c'ha
quell'infermiera.
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