Stilista Italiano
(15 Novembre 1940)
Mi considero un artista, con l'unica differenza che le mie creazioni si indossano, non si appendono ad un muro.
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La moda può e deve migliorare. Una cosa che ho imparato in questi anni e che considero legge è che non bisogna mai dare per scontati i risultati ottenuti e crogiolarsi nel proprio successo.
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Un bell'abito può essere emozionante come una poesia.
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La poesia mi piace ma difficilmente mi avvicino ad un libro di poesie leggendolo dall'inizio fino alla fine; preferisco aprirlo a caso su una pagina e cogliere il significato "naive" che le parole riescono trasmettermi in quel momento.
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Sono contrario a pagare le mie star. Certo che chi racconta che le dive lavorano per amicizia, dice balle.
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La poesia mi piace ma difficilmente mi avvicino ad un libro di poesie leggendolo dall'inizio fino alla fine; preferisco aprirlo a caso su una pagina e cogliere il significato "naive" che le parole riescono trasmettermi in quel momento.
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Dovessi associare le mie creazioni ad un movimento forse sceglierei l'impressionismo, non fosse altro che per la ricchezza di colori che caratterizza tali opere.
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Sembra proprio che senza le celebrities – che non amo – il mercato non si accorga dei prodotti.
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Si cade spesso nell'errore di considerare la Moda come qualcosa di troppo frivolo e superficiale piuttosto che una forma d'arte. Eppure non ha nulla a che invidiare alla altre discipline. In una collezione si miscelano colori, idee, sogni, proiezioni, emozioni, come un film, una musica o un quadro. Se vogliamo esagerare anche un abito da sera ha una sua architettura.
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Non mi ritirerò mai, perché mi annoierei a non lavorare e penso che i miei 625 dipendenti sciopererebbero per farmi restare. Sto simpatico a tutti, alla gente e ai collaboratori, perché saluto e sono alla mano. Non come tanti miei colleghi che se la tirano.
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Quando ero ancora un bambino mio nonno mi lasciò in eredità una tavolozza di colori con pennelli, un regalo per me preziosissimo, e credo sia stato proprio quello l'inizio della mia passione per l'arte.
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Ho sempre considerato la beneficenza come un fatto privato. Volere aiutare chi è meno fortunato è un obbligo morale ma a mio avviso dovrebbe rimanere un gesto personale. Non amo chi sfrutta la sofferenza altrui per farsi pubblicità. Al contempo però non credo che tutti gli eventi organizzati a scopo benefico siano da giudicare: in fondo l'importante è aiutare chi ha bisogno.