Stilista Italiano
(1944 - 2007)
Un elemento fondamentale che mi ha portato verso la moda è
stata la passione, la necessità quasi fisica, di un rapporto diretto con la
materia del mio creare.
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Parigi ha l'eleganza delle armonie e della grandeur, Londra
ha l'eleganza della classe e del prestigio, Roma ha l'eleganza dell'umanità e
della storia. Ogni città ha la sua eleganza. Anche Milano: ha l'eleganza della
sobrietà, della discrezione, della solidità.
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Sono narcisista perché ho un senso innato del piacere della
qualità. Mi guardo spesso allo specchio, senza problemi. Mi piaccio anche se
sono fuori della norma. Mi curo. C’è compiacimento in me tutte le volte che
vedo la mia immagine.
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Con immodestia dico che se non ci fossero stati Armani, Versace e Ferré, non ci sarebbero stati né Prada né Gucci.
Prada e Gucci sono l’epressione di un sistema che è maturato, fatto più di
situazioni imprenditoriali che di nomi.
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Discuto più volentieri con qualcuno come il signor Armani
che non con qualcun altro. Per affinità.
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Mi piaccio, mi piace la mia carne, mi piace come sono fatto,
mi tocco, mi carezzo, mi pizzico, sono soddisfatto di me.
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Non è che io sia nato grosso. Mi sono ritrovato grosso.
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Vedere un mio vestito che copre diverse superfici con
diverse facce e diverse anime e vive nel tempo perché spesso è ancora bello e
la gente lo sa utilizzare, è una grossa soddisfazione. Non mi fa certo sentire
un architetto mancato. E’ l’altra faccia del mio narcisismo.
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I giornali fanno in modo che uno si senta obbligato a
preparare una lista di chi c’è e chi non c’è. Se fosse per la mia indole io non
la farei neanche. Io amo la privacy. La gente conosciuta viene da Ferré perché
è amica mia. Non per essere alla sfilata di Ferré.
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Un abito è sensualità quando si muove legato col corpo. E’
ostentazione quando ti copre e ti abbaglia. E’ emozione. E’ rumore, fruscìo. Un
abito silenzioso è un abito nullo, inutile.
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l colore è legato all’emozione che vuoi dare ai vestiti.
Ogni colore ha un suo significato. Non userei mai il blu, che è un colore denso
e prezioso, per un vestito che appartenesse alla cultura dell’usa e getta. Il
fucsia mi ricorda l’India, il giallo l’opulenza dell’Oriente, i pastello la grandiosità
della cultura mitteleuropea.
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I poveri devono vestire per piacersi, per sognare. Come i
ricchi. Devono avere un po’ di fantasia. Di solito il modo di vestire
appartiene al senso di dignità che l’individuo ha di se stesso. Io ho visto
ricchi con le camicie lise e le magliette rotte e sporche. Ho visto poveri che
si lavano la maglietta di sera e la rimettono la mattina. Non rotta. Magari
solo rammendata.